Bolle di sapone



Curioso il ricordo con cui apro il mio diario questo venerdì 5 settembre.
Bolle di sapone.
Le ricordate? Sono sicura che ci avete giocato tanto anche voi.
A me piaceva vedere i loro colori finchè resistevano all'aria, piaceva guardarle sollevarsi, almeno loro potevano volarsene via... e mi piaceva vederle grandi e lucenti.
Come le speranze e i sogni dei sedici anni. Ma questo è un inutile harakiri.
Pensarci serve solo a farsi volontariamente del male.

Ieri ho ripreso il mio portatile, ma per cambiare il disco, che era da sostituire, mi hanno tolto mezzi programmi, che strazio, oggi dovrò chiamarli e sentire che cosa si può fare. Di cacciare altri soldi mi scoccia, ma è la vile moneta che fa girare il mondo, le idee servono solo per ornamento.

Mio marito aveva il muso, ieri sera. Che hai fatto? Niente.
Dopo cinque volte ho mollato.
Gli voglio bene, ma i maschi sono complicati, se usano i sentimenti. Meglio il testosterone, almeno so come comportarmi.
Mi sento stanca di dovermi prostituire, anche solo mentalmente, di continuo, con tutti, per essere accettata.
Immagino il coretto femminile e femminista di protesta, ora.
Sorelle mie, ci prostiuiamo tutte in realtà, prendetevi cinque minuti per pensarci.
E non parlo certo di sesso, quello è proprio l'ultimo stadio.
Siamo obbligate a farlo, per sopravvivenza, controvoglia e con un groppo in gola.
E poi prendiamo in giro o ci indignamo per il velo delle donne che seguono l'Islam.
Per favore.

Bolle di sapone.
Come pensieri, come ricordi, come centesimi di sogni che non hanno nemmeno la speranza di sopravvivere alla luce del giorno, del quotidiano.
Accontentarsi per non morire, trovare un filo di luce in un grigiore perpetuo, per amore, per dovere, perché è così, per andare avanti senza ferire chi ami, per trovare la forza di non fuggire dinanzi al dolore.

Bolle di sapone.
Ma almeno da bambina ero contenta di giocarci.

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