Frejya, la bellissima


Nei giorni freddi, nevosi, nei quali il vento ulula e il buio scende presto, possiamo immaginare meglio i climi e le situazioni che vivevano gli abitanti del profondo Nord. In Scandinavia, in Islanda, in quei luoghi dove il cielo spicca su distese innevate, laddove lunghi sono i mesi invernali e il cielo a volte si colora di luci danzanti; là, vissero popoli indomiti e forti.
I Greci e i Romani li definirono barbari, ma in realtà erano solamente il riflesso della Terra che li ospitava. La loro mitologia, così ricca di morti ed atti violenti, ma anche di eroi ed eroine selvagge, è perfettamente adatta alle fredde e splendide lande, ai fiordi profondi, ai boschi antichissimi.
Cercherò di parlarvi di uno dei volti della Divinità che queste genti adoravano e riverivano (e forse alcuni riuscivano a raggiungere), una delle grandi Dee d’Amore, la Signora del Nord, Colei che riassume in Sé molte delle splendide forme del Femminile… vi narrerò di Freyja.
Innanzitutto è utile dire che gli Dèi nordici erano divisi in due “clan”: gli Asi, che secondo alcuni studiosi sarebbero stati gli Déi patriarcali portati dagli indoeuropei, più legati ai simboli celesti e con a capo il Dio Odhinn, e i Vani, antico-europei, identificati con le forze terrestri. Mentre gli Asi dimoravano in Asgardh, uno dei Nove Mondi, riservato alle Divinità, i Vani abitavano Vanaheim, una sorta di Terra della Giovinezza a Ovest del Mondo degli uomini.
Queste due stirpi divine si combatterono a lungo, all’inizio dei tempi, ma infine riuscirono a raggiungere un accordo, e per suggellare la pace alcuni Vani andarono a vivere in Asgardh e, viceversa, diversi Asi si spostarono a Vanaheim. I prescelti, fra i primi, furono Njordhr e i suoi due figli: Frejr e Freyja.

Njordhr (legato al mare e alla ricchezza) aveva avuto questi figli da sua sorella. Tale rapporto incestuoso non deve stupire, visto che è una caratteristica che ricorre in tutte le mitologie del mondo, e sembra inoltre che tale consuetudine fosse tollerata fra i Vani - ma non fra gli Asi che ne facevano una grave colpa.
Freyja e Frejr “erano belli d’aspetto e potenti. Freyr è il più nobile degli Asi; egli governa la pioggia e lo splendore del sole e quindi i frutti della terra. È bene invocarlo per le messi e per la pace. Egli ha potere sulla prosperità degli uomini”. È significativo che Freyr, per poter avere la donna che ama, affidi la sua spada ad un servo senza riaverla più indietro, atto che segnerà il suo destino nel giorno del Crepuscolo degli Dèi, quando dovrà scontrarsi con Surtr, il guardiano dei giganti che assaliranno Asgardh. (1)

I nomi Freyja e Frejr sono equivalenti, e significano semplicemente ‘Signora’ e ‘Signore’, da cui deriva l’odierno frau, che significa appunto ‘signora’. Questa caratteristica particolare, potrebbe avvicinarli a quelle coppie divine, come Libera e Liber, Flora e Floro, Fauna e Fauno, Aphrodite e Aphrodito e a molte altre appartenenti al mondo greco-romano, e non.

Il fatto che il loro nome sia un “titolo”, e quindi non un nome proprio in senso stretto, potrebbe far pensare che essi rappresentino semplicemente le due polarità, maschile e femminile, che unendosi formano l’androgino, la perfezione, l’equilibrio di ogni qualità e la cessazione di ogni conflitto, in una condizione di Armonia totale. (2)
Freyja “è la più famosa delle Asinnie, ha la sua residenza in cielo ed essa ha nome Fólkvangr [‘i campi del popolo’]” e “la sala di lei, Sessrumnir [‘ricca di feste’], è grande e bella”. (3)
In questo luogo Freyja conduceva la metà delle anime degli uomini caduti combattendo coraggiosamente, mentre l’altra metà era portata nella sala di Odhinn dalle bellissime Valkirie.
A volte era Freyja stessa a guidare le focose amazzoni sui campi di battaglia, affinché raccogliessero gli spiriti degli eroi adatti a vivere nel regno degli Dèi.

Esisteva però anche un’altra divinità, Gefniun (avvicinabile a Freyja nel suo epiteto di Gefn “la donatrice”), che accoglieva nella sua sala le anime delle donne morte senza essersi sposate.

Possiamo quindi, forse, delineare due tipi di condotta che per le antiche genti potevano condurre in Asgardh.
Da una parte la gloria in battaglia e la sfida a sé stessi, alla paura e a situazioni o persone considerate avverse. Dall’altra egualmente il coraggio, ma forse anche una tendenza da parte di alcune Donne a non scendere a patti col modo di essere volgare di alcuni uomini, di incarnare la dolcezza e la bellezza, la freschezza e la gioia di una giovane fanciulla, di una Vergine appunto.

Fólkvangr potrebbe essere, allora, un luogo non fisico, ma spirituale e simbolico, dove le anime indomite e indomate volano dopo la morte o in stati di coscienza particolari, potendo godere di tutte quelle splendide caratteristiche incarnate da Freyja stessa.

Odhr era, secondo gli antichi scritti, lo sposo di Freyja. Intraprendeva frequenti e lunghi viaggi lontano da casa, e quand’era assente la Dea vagava per il mondo alla sua ricerca, piangendo lacrime di oro rosso o ambra, che da allora le sono entrambi sacri. Tra loro era nata una figlia, Hnoss: “così bella che dal suo nome viene chiamato hnoss [‘gioiello’] tutto ciò che è splendido e prezioso.” (4)

Nonostante il grande amore che Freyja portava a suo marito, ella non fu per nulla una sposa fedele, stando a ciò che la strega Hundla le dice:

“Tu corri nelle notti, mia buona, amica,
come la capra coi capri vagabondi” (5)

E ciò di cui è accusata dal Dio Loki:

“Taci, Freyja! Io ti conosco a fondo
E non mancano i rimproveri da farti!”
Degli Asi e degli Elfi che sono in questa sala,
ciascuno è stato tuo amante.” (6)

D’altra parte probabilmente gli abitanti autoctoni, precedenti alle invasioni indoeuropee, dei quali forse Freyja era la manifestazione suprema della Divinità Femminile, non praticavano la monogamia, non essendo per loro importante l’identità del padre del bimbo ma solo l’enorme prodigio della nascita. Considerando tale supposizione, appare quindi più che normale che la Dea possa prendersi numerosi e vari amanti.
La radice del nome Odhr è la stessa di Odhinn e significa “furore, ebbrezza, ispirazione poetica”. Secondo molti studiosi questi due Dèi altro non sarebbero che il doppione l’uno dell’altro, ed in effetti anche Freyja viene avvicinata a Frigg, la moglie di Odhinn.

Comunque, al di là delle disquisizioni tecniche che concernono i nomi, forse il significato del pianto della Dea è più profondo: che essa pianga per la scomparsa dell’Uomo antico?
Un tipo d’Uomo che sapeva farsi prendere dall’ebbrezza, lasciarsi andare all’ispirazione data dalla propria intima Divinità, abbandonarsi a modi d’essere fuori dall’ordinario. Non mancano certo gli esempi di amanti piangenti nella mitologia, se pensiamo ad Iside, Aphrodite, Inanna…
Che Odhr altri non fosse che il paredro che ciclicamente doveva essere sacrificato per garantire la rinascita di ogni cosa?

Riguardo alla facilità con cui Freyja si concedeva, si ricorda anche l’episodio di come essa ebbe Brisingamen, l' “ornamento splendente”, una bellissima collana rifulgente d’oro e ambra. Una notte la Dea scorse in una caverna quattro nani che lavoravano alla forgia: fra le braci arancioni e le fiamme danzanti stavano creando il più bel monile che mai si fosse visto. Ella prese a desiderarlo così tanto che quando fu finito, si concesse ad ognuno dei piccoli fabbri, poiché essi non accettarono nessun’altro tipo di compenso.

Questo rifulgente gioiello potrebbe forse essere interpretato come l’intima bellezza femminile, che è propria di ogni Donna e la rende brillante e preziosa. Se letto in questa prospettiva, tale oggetto ricorda particolarmente la cintura che la Dea greca Aphrodite portava intorno ai fianchi, e che faceva innamorare chiunque la guardasse.
In alcuni casi i giganti, tradizionali avversari degli Dèi, pretesero di avere Freyja come sposa, ma ella fu sempre prontamente salvata.

Attributi
Oltre a Brisingamen, Freyja possedeva alcuni oggetti particolari. Fra le sue proprietà rientrava, infatti, anche una veste fatta di piume di falco, che permetteva a chi la indossava di volare fra i Mondi, capacità che forse acquistavano anche le sue sacerdotesse, riuscendo a staccare la propria Anima dal corpo e a raggiungere in tal modo la loro Signora.

Il falco, con la sua vista proverbiale, potrebbe rappresentare la capacità delle Sacerdotesse di Freyja di discernere con chiarezza le cose che per i più sono oscure e sconosciute.

Per viaggiare Freyja usava un carro dorato, trainato da gatti selvatici, animali a lei sacri insieme alla scrofa, al falco e al cuculo.

Non è certo un caso se proprio questi animali sono chiamati a rappresentare questa indomita Dea. Il gatto è un animale notturno, cacciatore, che si muove con innata grazia ed equilibrio e con i suoi occhi luminosi riesce a vedere nel buio; questa capacità in epoca cristiana venne attribuita alle streghe, delle quali Freyja divenne la Signora.
La scrofa, invece, si nutre delle carcasse di animali morti, scava la terra in cerca di radici e difende i suoi cuccioli con grande furia.
La Dea e le sue sacerdotesse potrebbero allora essere coloro che sono in grado di trasformare e rigenerare ciò che è morto e inerte, di addentrarsi in profondità alla ricerca di vero nutrimento, di difendere sé stesse e ciò che amano con vera e forte determinazione.

Il cuculo, infine, è l’uccello che annuncia la primavera, con il suo strano canto. Esso annuncia la venuta di Freyja, che scongela il suolo e fa sciogliere la neve affinché l’erba novella cresca e produca fiori profumati.

Anche il vischio è sacro alla Dea, e pare che il tradizionale bacio sotto i suoi rami, a Natale, derivi da un’antichissima usanza a lei lontanamente connessa.
In Svezia una tradizione legata al melo diceva di non cogliere tutti i suoi frutti e di lasciarne alcuni appesi ai rami, di modo che, nelle notti vicine al Solstizio d’Inverno, Freyja passasse a scuoterli, assicurando così un buon raccolto per l’anno a venire.
La polygala vulgaris, infine, era associata al suo aspetto materno per le sue proprietà galattogene, ovvero stimolanti della produzione di latte; polygala significa infatti “molto latte”.

Come già accennato, Freyja è chiamata Genf “la donatrice”, ma anche Mardöll “mare brillante”, Hörn, termine che probabilmente viene da “lino, fatto di lino”, Sýr “scrofa”, Valfreyja “Signora dello scelto” (simile alle Valkirie che sono “coloro che scelgono l’ucciso”) e Vanadís. Quest’ultimo epiteto è particolarmente interessante. Viene tradotto alternativamente come “signora dei vani”, “bella dea” o “signora delle dísir”. Dísir, al singolare dís, significa anch’esso “signora” ed erano così indicate a volte sia le Norne che filavano il destino, sia le vergini Valkirie, sia gli spiriti protettori della famiglia. In quest’ultima accezione, le Dísir rappresentavano le antenate del clan di cui erano le protettrici, ed apparivano in alcuni casi in forma di animali.

In quanto Dea dell’Amore, a Freyja era dedicata anche un tipo di poesia amorosa detta Mausong.
Il quinto giorno della settimana, in inglese Friday, significa “giorno di Freyja”, così come il nostro Venerdì è il giorno di Venere.

Il Seidhr
La principale magia di Freyja era il seidhr, e colei che lo praticava era detta völva o seidhkona. Non si sa con chiarezza in cosa quest’arte consistesse, ma dagli indizi che ci vengono dalle saghe si può intuire che il canto e la danza avessero in essa un ruolo fondamentale. Probabilmente era una di quelle particolari danze estatiche volte ad attivare determinati stati di coscienza grazie alla ripetizione di alcuni movimenti e al dolce canto delle fanciulle che vi prendevano parte. Parliamo di fanciulle perché pare che il seidhr fosse una pratica vergognosa per gli uomini.

Il fine della völva era richiamare una visione, e per questo veniva invocata dal popolo in caso di carestie e calamità e veniva trattata con grande onore e reverenza. Essa vestiva in maniera molto particolare: indossava un mantello blu ornato di conchiglie e fili d’oro, con un cappuccio, guanti foderati con pelliccia di gatto ed un sacchetto di pelle che portava alla cintura, dove teneva gli strumenti per le sue magie. (7)

Allorché Freyja andò a vivere fra gli Asi, insegnò quest’incanto a Odhinn, il quale venne sbeffeggiato da Loki appunto perché il seidhr era ritenuta un’arte da “effeminati”. Questo fa supporre che probabilmente, in tempi molto antichi, tale pratica rientrasse anche nel culto dedicato a Odhinn, ma che poi, col progredire della società patriarcale, perse d’importanza, fino ad essere considerata licenziosa.

Freyja incarna dunque tutti gli aspetti del Femminile. Protettrice delle Vergini, delle Incantatrici e, più tardi, delle Streghe, essa è la Valkiria furiosa che cavalca sui campi di battaglia, ma anche la Madre che protegge le spose nel momento del parto. È la Moglie che ama teneramente il marito, pur essendo l’Amante ardente di molti uomini. È la Maga e la Vergine, è infera e celeste. Presiede alla vita e alla morte, alle grandi magie e ai piccoli miracoli della natura.

Dopo millenni, durante i quali si è cercato di ridurre il suo potere prima, e di cancellarla totalmente poi, ella manda ancora il suo messaggio a chi vuole ascoltarlo: in qualsiasi forma l’uomo concepisca le Divinità, queste non sono altro che le molteplici facce di un’unica e completa Dea. Una Dea che forse alcuni degli antichi abitanti del Nord sapevano ancora riconoscere nella sua totalità, tentando di raggiungerla per vivere in pienezza e Amore nel suo castello celeste.

l'articolo NON è mio. - Articolo scritto da Elke
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Note

(1) Edda in prosa, L’inganno di Gylfi, 24. Come suggerito da Mario Negri in Il Mondo di Oggi e il Mondo dei Popoli Arcaici, forse la distruzione del mondo degli uomini e la guerra fra i giganti e gli Dèi, i quali in gran parte vengono uccisi, potrebbe rappresentare una predizione dei tempi odierni nei quali i valori e tutto ciò che le antiche Divinità rappresentavano sono effettivamente decaduti. Tempi durante i quali la Natura è lentamente “bruciata” e distrutta, così come fa Surtr nei canti riguardanti il Ragnarokkr.

(2) Questo potrebbe essere stato anche lo scopo degli iniziati ai culti di questi particolari Dèi.

(3) Edda in prosa, L’inganno di Gylfi, 24 e 35.

(4) Edda in prosa, L’inganno di Gylfi, 24. Secondo altre versioni essi avrebbero avuto una seconda figlia di nome Gersimi ‘tesoro’.

(5) Hundlujodh, 46-49, citato in Gli dèi dei germani di G. Dumézil.

(6) Lokasenna, 30, citato in Gli dèi dei germani di G. Dumézil.

(7) Descrizione tratta dalla Saga di Erik il Rosso, tradotta dall’inglese da Icelandic Saga Database http://www.sagadb.org/eiriks_saga_rauda.en


Fonti

Delle antiche danze femminili, I. Naceo, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2003
Edda, Snorri Sturluson (a cura di G. Dolfini), Adelphi Edizioni, Milano, 2006
Gli dèi dei germani, G. Dumézil, Adelphi Edizioni, Milano, 2002
Il Mondo di Oggi e il Mondo dei Popoli Arcaici, M. Negri, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 1995
L’Oro fatale, M. Tibaldi Chiesa, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2005
Le Dee viventi, M. Gimbutas, Edizioni Medusa, Milano, 2005
Miti e leggende nordiche, S. Tufano, Newton & Compton Editori, Roma, 2005
Segreti delle erbe, F. Borsetta, Edito presso l’autore, Torino, 1953
Bifrost http://www.bifrost.it
Icelandic Saga Database http://www.sagadb.org/eiriks_saga_rauda.en
Wikipedia http://en.wikipedia.org/wiki/Freyja

Commenti

Anonimo ha detto…
Onorata :)

Elke