Manfred von Richthofen, la vita e le imprese di un uomo leggendario

Assecondando una passione che mi appartiene da oltre venti anni, in questi giorni sto leggendo alcuni libri che parlano di una persona che amo e stimo moltissimo, il Capitano Manfred Barone Von Richthofen. Nato il 2 maggio del 1892, morto il 21 aprile del 1918,  a quasi cento anni dalla sua scomparsa continua a far parlare di sè, come accade a chi ormai è nella leggenda non solo di un popolo ma di una intera coscienza collettiva.
Il libro di Peter Kilduff, storico e specialista della Prima Guerra Mondiale, intitolato "Il Barone Rosso - la vita e le imprese di Manfred von Richthofen" ha lo spessore di uno studio accurato di tutte le fonti storiche reperibili, gli scritti di Manfred, i ricordi dei familiari, dei parenti, degli amici, dei compagni d'arme, di uomini illustri o meno, dei nemici come degli estimatori, i diari di volo e i piani giornalieri di battaglia, così da ricostruire, senza altra partecipazione personale che quella dell'onestà intellettuale, la figura di un uomo che morì poco prima di compiere 26 anni e che è stato consegnato alla leggenda sia dal tempo in cui visse, sia dalla successiva propaganda politica, sia da chi volle credere che esistesse ancora bellezza e umanità in un conflitto che segnò così gravemente l'Europa da cambiarne completamente il volto, le aspirazioni e la storia oltre all'assetto politico e alla situazione economica per sempre. Fu la fine di una intera epoca millenaria.

Kilduff è uno storico e si sente, il piglio onesto e deciso di chi tutta la vita l'ha trascorsa nei carteggi e nei documenti e dice le cose come stanno, emerge con prepotenza dal suo lavoro.

Ben altro discorso merita l'altro libro che sto leggendo.
L'autore, Joachim Castan, è un consulente di redazioni televisive, cura documentari e si interessa di cinematografia e scrivendo "Il Barone rosso - la storia di Manfred Von Richthofen" appare dedito, con continue considerazioni personali che si fondano solo su alcuni documenti, a smontare pezzo dopo pezzo l'uomo Manfred e l'eroe Richthofen, a evidenziarne i lati negativi, con smania quasi compiaciuta, per consegnare a noi che viviamo quasi cento anni dopo la morte dell'eroe tedesco, un ritratto spolpato, uno scheletro profanato e informe che possa disgustarci al punto da abbandonarlo nell'oblio.
Tenta scioccamente e inutilmente di uccidere l'uomo e di distruggere il mito, scioccamente perché l'uomo come è sua natura, è morto, si muore a prescindere da ciò che si compie nella vita, è legge comune che ci attende dal momento della nascita, inutilmente perché è nella natura dei miti sopravvivere a dispetto dei detrattori, del tempo e delle mode.

Un eroe, tanto più leggendario come Manfred, appartiene al suo tempo, la sua figura sbiadisce e le sue gesta restano nell'immaginario comune come qualcosa da cui prendere coraggio nei momenti bui della vita.
Appartenendo a un determinato periodo storico, è sleale e scorretto leggere i suoi pensieri e le sue gesta estrapolandoli dal contesto, così si deforma la realtà piegandola al proprio comodo.

Si può non condividere ciò che fece, lo si può disapprovare, criticare, certo. Ma non ridicolizzare, mai.

Manfred Von Richthofen è stato un figlio, un soldato, un comandante, un uomo che in sè ha rinchiuso ideali e paure, debolezze e forza, mai arrogante, mai crudele, nemmeno quando la guerra lo aveva segnato nella cupezza della presentita sconfitta della sua Patria e nell'avvilita constatazione della morte che occorreva seminare per sopravvivere.

Le foto che lo ritraggono donano il viso pulito di un uomo tranquillo, fiducioso dei propri mezzi ma mai sopra le righe. Quelle in cui sorride regalano l'immagine di un ragazzo che come moltissimi altri ha pagato con la vita la fedeltà a un dovere che gli era stato imposto.

Ben vengano quindi le opere storiche e critiche quando si vuol conoscere qualcuno, per quel che si può a distanza di tempo e di spazio così considerevoli, il resto è solo invidia, polvere, noia, silenzio.

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