6 aprile 2009 - 6 Aprile 2018 - 9 anni

OGGI, 6 APRILE 2018, 9 anni. Attorno a me la primavera eppure stamattina c'era un velo pietoso di brina e di gelo sulle auto al parcheggio. C'è il sole, il cielo è limpido e stanotte abbiamo aspettato la scossa. Ieri in classe di mia figlia, quella al liceo, non si diceva altro: stanotte ci sarà il terremoto. Forse perché in 9 anni non ci ha mai lasciato. Forse perché noi viviamo, ci laviamo, vestiamo, mangiamo, dormiamo, giochiamo, studiamo o lavoriamo ... in attesa della scossa. Anche quando non ci pensiamo. Poi, appena arriva, eccola! diciamo. La stavamo aspettando.
Sono nove anni, le mie figlie avevano 4 e 7 anni, oggi ne hanno 13 e 16 e ho perduto tutta la loro infanzia, ho cambiato 5 case, ho brandelli di pelle di cuore e ricordi ovunque, ho perso cose e tempo cercando di sopravvivere.
Mentre facevo la doccia stamattina pensavo che le mie figlie sono state una benedizione, quel 6 Aprile.
Il miracolo ha voluto che per 40 cm la frana della montagna alle spalle della nostra casa, che si è aperta sui lati della nostra abitazione, abbia scansato la loro camera da letto e io le abbia ancora oggi con me.
Avrei voluto scappare come un animale ferito tra i boschi in quei giorni, chiudendomi sotto terra dentro una tana, per sfuggire alla paura, al disorientamento, all'alienazione, a quella folla che ti trovi improvvisamente addosso e invece c'erano le mie figlie e avevano solo me per ritrovare la normalità e mi hanno inchiodato alla realtà come Cristo alla Croce.
Ricordo lo sgomento del campo, mia figlia quattrenne seduta sulla panca accanto alla tenda dove si mangiava, con la testa fra le mani. Ricordo la luce del sole addosso a lei, le ombre.
Le chiedo che cosa abbia. Che succede? E lei "Mamma, tutta questa gente ... ". Ecco. Per dire. Catapultati in mezzo a degli estranei, senza intimità, con gli elicotteri notte e giorno sul campo, le sirene delle volanti, l'ambulanza sempre accesa, i giornali tutti i giorni al campo a cercare tra i nomi e i volti dei morti le persone care, conosciute.
Quando dopo qualche giorno sono rientrata in azienda per vedere come stessero i miei colleghi, incontrando il collega dell'ufficio del personale in portineria, chiesi se ci fossimo tutti.
Mi disse di sì, disse "Di noi non manca nessuno": Piansi. Di nuovo, si piangeva sempre in quei giorni. Quella volta di sollievo. Il mio posto di lavoro, 25 anni il 26 aprile, è stato il mio unico punto fermo in quel caos emotivo e fisico. Poi feci il giro con mio marito, che lavora nel mio stesso reparto, per le Utilities, la nostra area di competenza (Ingegneria e Manutenzione siamo noi) e con il collega che ci faceva vedere i danni piansi ancora. Per fortuna l'azienda è rimasta. Non ha mollato e noi con loro. Ricordo le tute e le sovrascarpe dei colleghi di Produzione del turno di notte che erano scappati e giacevano sui prati, per giorni rimasero lì, un memento mori.
Oggi è il 6 Aprile 2018, non abbiamo imparato nulla. Di corsa per strada, stamattina sono stata graziata da tre incidenti mortali in tre rotatorie successive mentre portavo mia figlia minore a scuola, senza pietà nè compassione nella vita ordinaria, più crudezza, più avidità, più menefreghismo, ovunque. Siamo dei sopravvissuti e ci siamo incruditi, massacrati dalla depressione, dalla mancanza di lavoro, dal tessuto sociale distrutto per sempre. O almeno per un tempo così lungo che non ricorderemo perché ce ne andremo prima.
Mi rendo conto che il lutto è nel mio cuore e nel mio corpo, stamattina la fibromialgia è esplosa in tutta la sua violenza, quando mi sono alzata dal letto non c'era un solo muscolo, una sola articolazione che non urlasse di dolore. Ho dovuto prendere un antidolorifico e fare tutto con il dolore che mi uccide.
E' il 6 aprile, ci sta.
La sirena d'emergenza in azienda ha suonato stanotte alle 3.32, come quella notte, suonerà ancora alle 11.32 e poi nel pomeriggio, perché ad ogni turno ci sia un minuto di silenzio.
Non ho voglia di fermarmi, non più. Non vedo l'ora che finisca questa vita, non ho più voglia di aspettare. Quando sento qualcuno dire che vorrebbe tornare indietro, alla sua gioventù, io resto in silenzio e penso che invece non vedo l'ora di andar via. Abbiamo vissuto tutti più di una vita e non è stata felice eppure noi che siamo rimasti abbiamo avuto una chance.
Così ho deciso che penso solo alle mie figlie, a mio marito, con calma e con garbo eliminerò senza pietà nè ripensamenti tutti quelli e tutte le cose e i comportamenti che mi daranno noia, dolore o preoccupazione.
Oggi è il 6 Aprile e dal momento che sono sopravvissuta devo mettere a frutto il tempo che mi resta cercando di onorare questa seconda vita che mi è stata donata quella notte.

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