la grande guerra: il sacrificio degli Alpini sull'Ortigara



da wikipedia:


La battaglia dell'Ortigara fu combattuta dal 10 al 25 giugno 1917 tra l'esercito italiano e quello austriaco, per il possesso del Monte Ortigara, nell'altopiano di Asiago

La battaglia si rese necessaria perché gli austriaci, a seguito della Strafexpedition, si erano ritirati su posizioni difensive più favorevoli, dalle quali potevano minacciare alle spalle le armate del Cadore, della Carnia e dell'Isonzo.
La linea austro-ungarica partiva dal torrente Assa (sponda destra, poi sponda sinistra all'altezza di Roana) all'estremità orientale dell'Altopiano dei Sette Comuni, passando per i monti Rasta, Zebio, Colombara, Forno, Chiesa, Campignoletti e Ortigara.
Il piano italiano affidava al XX e al XXII Corpo d'armata il compito di sfondare il fronte austro-ungarico tra i monti Ortigara e Forno (il XX) e tra i monti Zebio e Mosciagh (il XXII). Il piano presentava però alcuni gravi svantaggi, come la mancanza di sorpresa (perché l'attacco era atteso dagli austro-ungarici), l'eccessivo concentramento di truppe italiane in pochi chilometri di fronte, la posizione dominante delle difese austro-ungariche e la loro disposizione ad arco che permetteva alla loro artiglieria di battere facilmente tutto il campo di battaglia.

L'inizio dell'attacco fu preceduto da un massiccio bombardamento delle posizioni austro-ungariche. Alle 15 del 10 giugno i soldati andarono all'attacco. Mentre il XXII Corpo d'armata, schierato sul lato sud, si trovò davanti una strenua resistenza che gli impedì di avanzare, sul lato nord la 52a divisione (18 battaglioni alpini divisi in due colonne, la colonna Cornaro e la colonna Di Giorgio), ebbe un iniziale successo.
La colonna Cornaro, attraverso la Valle dell'Agnella, tentò di scardinare la linea fortificata che prende il nome di "Opere Mecenseffy" (Comandante austro-ungarico del settore) e di conquistare il Costone dei Ponari e il Monte Campigoletti. Al grido «Savoia!», il Battaglione Mondovì si gettò sulle posizioni nemiche e conquistò il Corno della Segala riuscendo a mantenerlo con l'aiuto del Battaglione Ceva e del Battaglione Val Stura. Il Battaglione Vestone ed il Battaglione Bicocca, d'impeto e con numerose perdite, superarono la prima linea di reticolati del Costone dei Ponari, aiutati anche dalla nebbia, ma furono arrestati sulla seconda linea e presi d'infilata dal fuoco nemico.
La colonna Di Giorgio fu organizzata in una prima ondata composta dai battaglioni Bassano, Sette Comuni, Baldo e Verona, in una seconda ondata composta dai battaglioni Clapier, Arroscia, Ellero e Mercantour e in una riserva composta dai battaglioni Spluga, Tirano, Saccarello, val Dora e 9º reggimento bersaglieri.
La colonna Di Giorgio scese nel Vallone dell'Agnellizza dove si divise in due tronconi: gli Alpini del Battaglione Bassano risalirono, sotto il micidiale fuoco nemico, su per il Passo dell'Agnella verso la quota 2.003 e la quota 2.101 mentre gli Alpini del Battaglione Sette Comuni, dopo aver cantato l'Inno di Mameli, puntarono direttamente sul settore più fortificato della quota 2.105, la vetta dell'Ortigara.
Il Battaglione Bassano insanguinò il Vallone dell'Agnellizza (che verrà nominato Vallone della Morte) e, decimato, espugnò la quota 2.003. Da qui sferrò l'attacco alla quota 2.101, chiamata dagli Austriaci "Cima Le Pozze" e strenuamente difesa; l'assalto si arrestò, ma accorsero in aiuto Compagnie dei Battaglioni Val Ellero e Monte Clapier e la quota 2.101 venne conquistata. Dopo un infruttuoso tentativo di procedere verso la vetta (quota 2.105) i soldati si attestarono e fortificarono sulle posizioni. La 52a Divisione perse 35 ufficiali e 280 militari; i feriti furono 1874, 309 dispersi.
Nella notte, fino all'alba i Battaglioni Tirano e Monte Spluga si portarono di rincalzo: iniziarono la discesa del Monte Campanaro e si accinsero ad attraversare il Vallone della morte, illuminato dalle esplosioni. In questo tratto caddero un gran numero di soldati. Queste truppe fresche giunsero a quota 2.101 (Cima Le Pozze) e da lì avrebbero dovuto sfondare verso Cima Dieci e il Portule.
Alle ore 8 giunse l'ordine del generale Ettore Mambretti, comandante dell'Armata, di sospendere l'attacco e rinsaldarsi sulle posizioni. Il nemico intanto si era ulteriormente fortificato su Cima Ortigara e il generale Como Dagna, per consolidare le posizione decise di sferrare un nuovo attacco contro le posizioni del giorno precedente.
Alle 16 ricominciò il Calvario degli Alpini. I Battaglioni Verona e Sette Comuni si sacrificarono nei reiterati attacchi contro Cima Ortigara, mentre i Battaglioni Val Arroscia e Monte Mercantour si dissanguarono contro le fortificate "Opere Mecenseffy". I Battaglioni Tirano e Monte Spluga riattaccarono il Passo di Val Caldiera e la Cima Dieci ad ovest dell'Ortigara e raggiunsero, a prezzo di pesanti sacrifici, le posizioni nei pressi di Passo di Val Caldiera, ma furono costretti a ritirarsi per non essere accerchiati. Alle perdite del giorno precedente si aggiunsero 12 ufficiali morti, 12 feriti e 1 disperso, 54 militari morti, 420 feriti, 54 dispersi (prigionieri o annientati dalle bombe).

Il generale Mambretti decise finalmente di sospendere l'azione per almeno tre giorni, ma il 15 giugno ci fu un tentativo da parte degli austro-ungarici di riprendere le posizioni perdute che, però, s’infranse contro la resistenza degli Alpini. A questa azione parteciparono anche i Battaglioni Valtellina, Saccarello e Monte Stelvio. Il bilancio delle perdite fu elevatissimo: persero la vita 229 militari, di cui 12 ufficiali, i feriti furono 944 e 271 i dispersi.
Tra il 15 ed il 19 giugno 1917 ci fu una relativa calma, fatta eccezione per un attacco a Cima Ortigara il 17 giugno.

Il 19 giugno giunse l'ordine di ripetere l'attacco a Cima Ortigara, Passo di Val Caldiera verso il Portule. La Colonna Cornaro attaccò da sud-est, mentre la Colonna Di Giorgio, che insieme ai Battaglioni Alpini schierò anche fanti del 4° Reggimento ed il 9° Reggimento Bersaglieri, attaccò da est e da nord-est. Alle ore 8 del 18 giugno cominciò il fuoco dell'artiglieria ed alle prime luci dell'alba del 19 giugno 1917 i Battaglioni erano ammassati nelle posizioni d'attacco. Alle ore 6 si scatenò l'assalto e dopo varie, sanguinose ondate, la Cima Ortigara, che si credeva inespugnabile, venne vinta da più lati dagli stanchi e decimati Alpini. Questa sofferta gioia non durò che pochi giorni.
Il 25 giugno 1917 alle ore 2,30 si scatenò l'inferno dei tiri d'artiglieria austro-ungarica. Alle ore 2.40 si accese l'assalto, reso ancora più tremendo dall'uso di lanciafiamme. Alle ore 3,10 un razzo bianco annunciò ai Comandi austro-ungarici che l'Ortigara era di nuovo nelle loro mani. Incredibile l'ordine del Comando Italiano: «occorre riprendere ad ogni costo» le posizioni. Alle ore 20 i provati e sfiduciati battaglioni di alpini, fanti e bersaglieri si rigettarono nel carnaio del micidiale fuoco nemico per concludere l'ultimo atto del massacro. Il Battaglione Cuneo, nuovo sul terreno dell'Ortigara, rioccupò la quota 2.003 che mantenne fino al 29 giugno 1917 quando fu catturato insieme al Battaglione Marmolada e inviato nei lager austro-ungarici. Complessivamente la 52a Divisione perse nella Battaglia dell'Ortigara 12.633 uomini, dei quali ben 5.969 soltanto l'ultimo giorno, il 25 giugno. pochi giorni dopo, il generale Mambretti, considerato responsabile del disastro, fu rimosso dal comando e la stessa Sesta armata fu sciolta il 20 luglio, facendo confluire le sue truppe (il V, il X e il XXIX Corpo d'armata) nella Prima armata e, in parte (il XVIII Corpo d'armata, schierato in Val Sugana), nella Quarta armata di stanza in Cadore. La battaglia dell'Ortigara era perduta.

Commenti

Max Caldara ha detto…
Senza parole.... onore agli Alpini. Che mai più si abbia a vedere un carnaio simile....
Mi vengono in mente le parole di Ungaretti nella poesia "Soldati" a sottolineare la scarsa importanza della vita umana nelle guerre:
"Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie..."
Tremendo...