Non accade mai di pensare alla propria fine, ci lambicchiamo il cervello per cercare di immaginare, di rappresentare in qualche modo la fine di tutto per tutti.
Errore comprensibile: se non gioco più io allora è meglio che nessuno giochi più, i bambini lo capiscono da subito.
Ma è un errore. La fine del mondo per me ci sarà nel momento in cui i miei occhi si chiuderanno a questa realtà per aprirsi altrove, perché in quell'istante il mio mondo, quello che è stato fonte di gioia e dolore e sogno e speranza e rabbia e frustrazione e soddisfazione, smetterà di esistere per sempre.
C'è altresì da aggiungere che una considerazione simile non è normale, viviamo istante per istante, senza riuscire a mettere in conto l'idea che tra un minuto, quando avrò pubblicato questo post, non ci sarò più.
Sto pensando alla cena da preparare stasera, al primo giorno di scuola di mia figlia, che inizia la prima elementare, la settimana prossima, a mia zia che deve subire una difficile operazione al cuore, al desiderio di essere ancora felice, ancora una volta.
Questa è l'umanità, una spasmodica corsa verso il raggiungimento di qualcosa, non importa che cosa.
Si corre da soli, insieme a un compagno di strada, trasportati dagli altri, controvoglia, di slancio, per abitudine...
Se il mondo si ferma, non è mai per sempre.
Nelle nostre cellule il dna racchiude un messaggio di eternità che non ci fa dubitare di continuare ad esistere, in qualunque modo.
E io non faccio eccezioni.
Una piccola digressione per Elendil che si è preoccupato a leggere la mia dichiarazione di impaurito amore per il terrorista Faris Al Farik interpretato da Oded Fehr: Max, io sono stata sempre attratta dalle "canaglie", è una mia tara genetica, ma questo non ha mai impedito alla mia razionalità e al mio sentire di vivere diversamente. Claro?
E buon mercoledì a tutti!
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