Galbani ha perso la fiducia
di Marco Cedolin
Nonostante fin dagli inizi di luglio sia noto il pesante coinvolgimento della Galbani nell’ambito della truffa dei formaggi avariati, uno scandalo le cui proporzioni gigantesche sono state messe in luce dagli sviluppi delle indagini della magistratura rese note nei primi giorni di settembre, si sono dovuti attendere quasi 4 mesi ed un nuovo scandalo, portato alla luce da alcuni dipendenti del deposito Galbani di Perugia, perché la grande distribuzione ed il Ministero della Sanità si sentissero in dovere di mettere in atto una qualche tardiva reazione.
Alcuni dipendenti del deposito Galbani di Perugina, venditori ed addetti allo stoccaggio, hanno infatti presentato un esposto in procura nei confronti della Galbani, denunciando di “essere stati obbligati per anni dai capi del personale a vendere merce con data di scadenza contraffatta”.
La denuncia, documentata con tanto di fotografie e registrazioni audio, sembra essere direttamente collegata allo scandalo concernente i grossi quantitativi di formaggi avariati, immessi nuovamente sul mercato come freschi dopo un’operazione di “cosmesi” finalizzata a renderli nuovamente appetibili, nell’ambito del quale il gruppo Lactalis (numero uno in Europa) proprietario del marchio Galbani risulta essere pesantemente coinvolto.
Il deposito del capoluogo umbro distribuisce mediamente circa 15 tonnellate di merce al mese e le prime denunce interne riguardanti un sistema che viene definito “vergognoso” risalgono perfino al 2005, ma fino ad oggi non sono mai venute alla luce grazie agli inviti all’omertà messi in atto dai dirigenti.
Scadenze prorogate o cancellate con solventi in modo tale che il prodotto potesse essere venduto senza problemi, fatture e bolle di accompagnamento modificate ad arte, carenze igieniche durante lo stoccaggio della merce spesso stivata fuori dalle celle frigorifere e trasportata con mezzi non idonei, sono tutti elementi del circostanziato dossier presentato in procura.
Solo dopo questo ulteriore scandalo, la COOP centro Italia ha deciso a titolo precauzionale di ritirare dalla vendita nei propri supermercati i prodotti Galbani, il Ministero della Salute ha disposto ispezioni da parte di Nas e Asl presso il deposito della Galbani di Perugia ed Ivan Comotti, del dipartimento industria della Flai-Cgil si è sentito in dovere di auspicare che l’azienda incriminata proceda ad effettuare le opportune verifiche finalizzate ad appurare la veridicità delle accuse, per poi agire di conseguenza ponendo fine a questa serie d’intollerabili scorrettezze e sofisticazioni.
Se Galbani da un lato ha ormai perso la proverbiale “fiducia” che gli slogan della pubblicità accomunavano al suo nome, la grande distribuzione alimentare e gli enti pubblici preposti al controllo della qualità del cibo che mangiamo sono riusciti fino ad oggi a fare anche di peggio, pur non avendo mai goduto della fiducia degli italiani neppure negli spot.
fonte: http://www.decrescitafelice.it/?p=319#more-319
di Marco Cedolin
Nonostante fin dagli inizi di luglio sia noto il pesante coinvolgimento della Galbani nell’ambito della truffa dei formaggi avariati, uno scandalo le cui proporzioni gigantesche sono state messe in luce dagli sviluppi delle indagini della magistratura rese note nei primi giorni di settembre, si sono dovuti attendere quasi 4 mesi ed un nuovo scandalo, portato alla luce da alcuni dipendenti del deposito Galbani di Perugia, perché la grande distribuzione ed il Ministero della Sanità si sentissero in dovere di mettere in atto una qualche tardiva reazione.
Alcuni dipendenti del deposito Galbani di Perugina, venditori ed addetti allo stoccaggio, hanno infatti presentato un esposto in procura nei confronti della Galbani, denunciando di “essere stati obbligati per anni dai capi del personale a vendere merce con data di scadenza contraffatta”.
La denuncia, documentata con tanto di fotografie e registrazioni audio, sembra essere direttamente collegata allo scandalo concernente i grossi quantitativi di formaggi avariati, immessi nuovamente sul mercato come freschi dopo un’operazione di “cosmesi” finalizzata a renderli nuovamente appetibili, nell’ambito del quale il gruppo Lactalis (numero uno in Europa) proprietario del marchio Galbani risulta essere pesantemente coinvolto.
Il deposito del capoluogo umbro distribuisce mediamente circa 15 tonnellate di merce al mese e le prime denunce interne riguardanti un sistema che viene definito “vergognoso” risalgono perfino al 2005, ma fino ad oggi non sono mai venute alla luce grazie agli inviti all’omertà messi in atto dai dirigenti.
Scadenze prorogate o cancellate con solventi in modo tale che il prodotto potesse essere venduto senza problemi, fatture e bolle di accompagnamento modificate ad arte, carenze igieniche durante lo stoccaggio della merce spesso stivata fuori dalle celle frigorifere e trasportata con mezzi non idonei, sono tutti elementi del circostanziato dossier presentato in procura.
Solo dopo questo ulteriore scandalo, la COOP centro Italia ha deciso a titolo precauzionale di ritirare dalla vendita nei propri supermercati i prodotti Galbani, il Ministero della Salute ha disposto ispezioni da parte di Nas e Asl presso il deposito della Galbani di Perugia ed Ivan Comotti, del dipartimento industria della Flai-Cgil si è sentito in dovere di auspicare che l’azienda incriminata proceda ad effettuare le opportune verifiche finalizzate ad appurare la veridicità delle accuse, per poi agire di conseguenza ponendo fine a questa serie d’intollerabili scorrettezze e sofisticazioni.
Se Galbani da un lato ha ormai perso la proverbiale “fiducia” che gli slogan della pubblicità accomunavano al suo nome, la grande distribuzione alimentare e gli enti pubblici preposti al controllo della qualità del cibo che mangiamo sono riusciti fino ad oggi a fare anche di peggio, pur non avendo mai goduto della fiducia degli italiani neppure negli spot.
fonte: http://www.decrescitafelice.it/?p=319#more-319
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