Mi sono chiesta spesso come sintetizzare il pensiero, l'emozione. Schulz ci riusciva così, impareggiabilmente. Adoro i suoi Peanuts, per altro. Sono una fonte costante di piacere nella mia vita, nonostante il passaggio degli anni.
Mi sono resa conto che noi non solo siamo ciò che pensiamo, ma diciamo ciò che pensiamo molto più spesso di quanto ci piacerebbe ammettere, specialmente quando dialoghiamo con qualcuno in preda alle emozioni capaci di scatenare il nostro vero io, abitualmente tenuto nascosto dai compromessi, siano essi l'educazione ricevuta, la paura di mostrarsi per quello che si è, la voglia di apparire diversi pur di far parte di un gruppo, di un branco.
Noi finiamo per dire esattamente quello che vogliamo dire all'altro, occorre saper leggere nelle cose che ci vengono dette, nelle risposte che otteniamo. Non è mai molto difficile. Con qualcuno abituato a simulare è più impegnativo, ma lì le azioni completeranno il quadro e si capirà la vera natura dell'individuo.
Nessuno riesce a fingere sempre e con tutti. E' al di sopra delle possibilità umane.
In un mondo che rifugge il silenzio, che confonde la sincerità con l'arroganza, il dialogo con un monologo incentrato su se stessi, parlare con qualcuno è difficilissimo, specialmente perché la maggior parte delle persone ascolta per rispondere e non per capire. Lo leggevo tempo fa e lo trovo tristemente esatto.
Parlare, dialogare, è importante ma sempre meno di quello che c'è da dire.
Il dialogo fine a se stesso diventa non solo inutile ma spesso dannoso.
In questi tempi di rumore a tutti i costi, dialogo è diventato sinonimo di civiltà, di progresso, necessario come l'aria per respirare, sempre e con tutti.
Non sono d'accordo, a volte un buon silenzio fa egregiamente la sua parte.
Voi che ne pensate?
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