Il terremoto, perché dopo 8 anni non si parla d'altro da noi


    Dopo il 6 aprile, credo non solo io, dovunque si andasse, ci si guardava attorno, palazzi, case, luoghi pubblici, per individuare il punto debole piuttosto che quello di forza, perché abbiamo imparato che di sicuro non esiste nulla, che non sono le case di cartone, come ci hanno sputato addosso, il problema (non ce ne sono mai state di case di cartone), ma conta il suolo di fondazione, l'entità della scossa, l'accelerazione, la durata, in un sisma, per fare la differenza tra ...la vita e la morte e poi, certo, anche se solo poi, la solidità della costruzione, perché quella dovrebbe poter essere data per scontata.
    In un Paese dove ci si azzanna ancora tra destra e sinistra, tra nord e sud, tra italiani e non, dove viene quotidianamente data in pasto alla massa belluina qualunque anestetizzante stronzata purché non si guardi in faccia la realtà, come possiamo sperare di avere domande sensate con risposte adeguate?
    Come si fa a non fare allarmismo dopo otto anni in cui la terra trema e ti rende impossibile rilassarti per cinque minuti?
    Come si può continuare a vivere come se niente fosse?
    Noi ci sentiamo persino colpevoli di non mostrarci abbastanza forti di fronte a una realtà che avrebbe, di norma e senza alcun ludibrio per questo, sconvolto un orco.
    Ci guardiamo in faccia evitando di farci reciprocamente le domande che contano, perché non abbiamo le risposte.
    I nostri figli vivono in scuole e in case non sicure.
    A quale legge anti sisma sono state adeguate le strutture che non son crollate il 6 aprile? A quale quelle che sono state ricostruite?
    Non basta aver costruito dopo il 2009 per aver sistemato le cose, dal momento che mediamente per fare una legge, una di quelle che servono, non sulle stronzate con cui il governo (monti/letta/renzi e soci) ci ha ammorbato in questi anni, ci mettono grosso modo 4 anni.
    Fatevi due conti, se il sisma c'è stato nel 2009, la legge quindi è del?
    Ecco.
    Possiamo stare sicuri? No.
    I terremotati di Amatrice e delle Marche stiano tranquilli: saranno sfruttati, poi ignorati e abbandonati esattamente come noi.
    Siamo in Italia, dove l'indignazione, come dice egregiamente Marco Paolini nel suo lavoro sul Vajont, dura meno di un orgasmo.
    Poi, tutti amici come prima.
    Per chi vedrà ancora la luce del giorno, domani.
    Per gli altri ... si troverà la scusa che ci permetterà di criticarli, odiarli, sminuirli, perché "loro non sono come noi".
    Ocio che l'Italia è tutta sismica, quindi non sputate per aria ...
     
     

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