falso in TV: contro la Chiesa a prescindere

Quante «gaffe» in quel documentario
di Andrea Galli


Il documentario della Bbc è tendenzioso nell’impianto, falso in diversi punti, volto a offrire al telespettatore un quadro volutamente distorto del problema. In particolare:– Presenta quattro storie estreme di sacerdoti accusati di abusi su minori, enfatizzandole, se possibile, con il racconto di dettagli disgustosi. Il che punta a suscitare il maggior sdegno possibile e contemporaneamente a far passare i quattro casi come esemplificativi del problema delle molestie sessuali su minori da parte di membri del clero.
Il che è, da una parte, esagerato e, dall’altra, fuorviante.
– Nulla dice - neppure un accenno - sul problema della false accuse a sacerdoti e religiosi: è noto infatti che non si tratta di un fenomeno marginale, con l’inclusione di vicende sconvolgenti sulle quali altrove - vedi in Irlanda il caso di Nora Wall - si sta iniziando ad aprire gli occhi, anche per il clima di isteria ingeneratosi ai danni della Chiesa.– Nulla dice inoltre del problema, ampiamente dibattuto in Usa e non solo, delle "recovered memories", ossia dei ricordi fatti affiorare nelle presunte vittime, in sedute psicoterapeutiche 20 o 30 anni dopo l’"accaduto", riguardo ad abusi subiti nell’infanzia e poi "rimossi". Si tratta di fonti di accusa ormai screditate dalla gran parte degli esperti, ma che hanno dato il via, tra gli anni ’80 e ’90, a numerosissime cause penali. Per quale obiettivo, è facile intuire.– Nulla dice, appunto, delle enormi speculazioni economiche condotte in Paesi come gli Usa sul grave problema degli abusi sessuali. Facendo leva infatti sul sentimento di esecrabilità che per fortuna circonda questi delitti, in realtà si procede con l’attribuzione di episodi non documentabili a esponenti della Chiesa, individuata come ottima "mucca da mungere". Ovvero del boom di cause civili di risarcimento intentate contro una o l’altra diocesi, per fatti risalenti a 20, 30 o 40 anni prima, dove nel frattempo l’accusato è spesso addirittura deceduto.– Lascia intendere che l’istruzione Crimen Sollicitationis (1962) avesse come oggetto la pedofilia, mentre trattava degli abusi collegati al sacramento della confessione, allorquando il sacerdote confessore approfitta della propria situazione per intessere relazioni sessuali con le o i penitenti. Un solo paragrafo cita il caso della pedofilia.– Attribuisce alla stessa istruzione l’obiettivo di coprire gli abusi di sacerdoti su minori, imponendo su questi abusi una rivoltante coltre di segretezza, tale per cui chi rompe il segreto avrebbe comminata la pena della scomunica immediata. È vero invece l’opposto: il paragrafo 16 impone alla vittima degli abusi di «denunciarli entro un mese»; il paragrafo 17 estende l’obbligo di denuncia a qualunque fedele cattolico che abbia «notizia certa» degli abusi; il paragrafo 18 precisa che chi non ottempera all’obbligo di denuncia «incorre nella scomunica», da cui non può essere assolto fino a quando non abbia rivelato quello che sa o abbia seriamente promesso di farlo. Dunque non è scomunicato chi denuncia gli abusi ma, al contrario, chi non li denuncia. L’istruzione disponeva che i relativi processi si svolgessero a porte chiuse, a tutela della riservatezza delle vittime.– Presenta come un documento segreto la lettera De delictis gravioribus, firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il 18 maggio 2001, quando la lettera fu subito pubblicata negli Acta Apostolicae Sedis e figura da allora sul sito Internet del Vaticano.– Lascia intendere al telespettatore che quando la Chiesa afferma che i processi relativi a certi delicta graviora, tra cui alcuni di natura sessuale, sono riservati alla giurisdizione della Congregazione per la Dottrina della Fede, intende con questo dare istruzione ai vescovi di sottrarli alla giurisdizione dello Stato e tenerli nascosti. De delictis gravioribus e Sacramentorum sanctitatis tutela (la lettera apostolica firmata da Giovanni Paolo II e di cui la Delictis gravioribus costituisce il regolamento di esecuzione) in realtà si occupano di fissare la competenza ecclesiastica su questa materia non ad un ufficio qualunque ma alla più importante Congregazione, quella per la Dottrina della fede, la quale agisce in questi casi in «in qualità di tribunale apostolico». In sostanza, questi documenti non si occupano affatto – né potrebbero, vista la loro natura – delle denunce e dei provvedimenti dei tribunali civili degli Stati. Quando i due documenti scrivono che «questi delitti sono riservati alla competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede» la parola «esclusiva» significa «che esclude la competenza di altri tribunali ecclesiastici» e non - come vuole far credere il documentario - che esclude la competenza dei tribunali degli Stati. Le due lettere dichiarano fin dall’inizio la portata e l’ambito proprio, che è quello di regolare questioni di competenza interna all’ordinamento giuridico canonico. L’ordinamento giuridico degli Stati semplicemente qui non viene evocato, perché è scontato che agisca secondo i propri canoni, sui quali nulla può e nulla potrebbe l’autorità ecclesiastica.– La De delictis gravioribus, come già la Crimen sollicitationis, in nulla nega il principio secondo cui – fatto salvo il segreto della confessione – chi nella Chiesa venga a conoscenza di un reato giustamente punito dalle leggi dello Stato ha il dovere di denunciarlo alle autorità competenti. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica le autorità civili hanno diritto alla «leale collaborazione dei cittadini» (n. 2238): «la frode e altri sotterfugi mediante i quali alcuni si sottraggono alle imposizioni della legge e alle prescrizioni del dovere sociale, vanno condannati con fermezza, perché incompatibili con le esigenze della giustizia» (n. 1916).– In generale, il documentario insinua a più riprese, specie nelle immagini ripetute e incombenti, una volontà e responsabilità di Joseph Ratzinger e del «Vaticano» nel coprire gli abusi dei sacerdoti, quando i pronunciamenti e i documenti su questa materia, a firma di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI poi, provano esattamente il contrario.

Commenti

Luciano ha detto…
concordo e sottoscrivo (e complimenti per il blog!)