The Pretender (Jarod, il camaleonte)


Se dovessi scegliere, ad un figlio in età da telefilm farei vedere Jarod, il Camaleonte.
La serie – scritta, girata e interpretata all’americana, cioè con massimo professionismo – intrattiene e, per quanto può un telefilm, stimola la mente.

Nel 1982 le ceneri di Ferdinand Waldo Demara furono disperse in mare. I flutti divennero così degno sacello della sua personalità liquida. Demara, infatti, era passato alla storia come “il grande impostore” perché era campato spacciandosi indebitamente, ma con successo, per un’infinità di ruoli: dal monaco trappista alla guardia carceraria, dall’ingegnere civile al chirurgo toracico. La sua apoteosi era stata proprio il misurarsi quale finto medico in un’operazione a cuore aperto, ottimizzando rudimenti di cardiologia raccattati qua e là sui manuali.

Alla vicenda di Demara, da cui nel 1960 fu tratto anche un divertente film, è ispirato il personaggio di The Pretender (il titolo originale della serie; significa “Il simulatore”). A differenza di quello storico, però, il personaggio telefilmico, quando si cala in qualsivoglia parte, lo fa per nobili motivi.

Il nostro è un uomo più sui trenta che sui quaranta. L’attore Michael T. Weiss gli presta un volto da De Niro giovane, aggiungendovi uno sguardo pulito da bravo ragazzo. Il Dna ha condannato Jarod a un destino errante. Il suo codice genetico gli ha portato in dote l’istinto del camuffamento, insieme ad un quoziente di intelligenza stratosferico, e con ciò gli ha rovinato la vita. Coltone il potenziale, infatti, un’organizzazione segreta denominata “il Centro” ha sottratto Jarod, ancora bambino, ai genitori, per addestrarlo a fini di intelligence deviata. Senza ch’egli lo sapesse, sulla base delle sue simulazioni in laboratorio, l’organizzazione è andata elaborando piani di attentato, dirottamento, sabotaggio, da vendere a governi privi di scrupoli. Scoperto il tutto e con buone ragioni per non credere più al tutore che lo aveva convinto di essere orfano, Jarod scappa e si mette a girare gli States alla ricerca della sua famiglia. Intanto, sgomina i mascalzoni, a qualunque categoria professionale essi appartengano: assimilati in men che non si dica i rudimenti di un mestiere, Jarod vi si tuffa per bonificarlo da corrotti e prepotenti.

Il bello del telefilm è triplice.

In primo luogo, c’è la cura del dettaglio su cui le fresche competenze di Jarod si applicano, incontrando in ogni puntata un contesto lavorativo inedito: se, per esempio, il cattivo di turno è un generale dell’esercito, il nostro eroe lo sgominerà inserendosi in ragionamenti di alta strategia militare, scientificamente ricostruiti.

Il secondo pregio del telefilm è nella maestria con cui esso sovrappone il tema della fuga a quello dell’inseguimento, le atmosfere di action a quelle di mistero: il protagonista, braccato dal Centro, continua a stuzzicare il suo addestratore di un tempo, a segnalarsi e a scomparire, a irrompere e a svanire, perché gli si sveli come il disegno recondito dell’organizzazione abbia tragicamente coinvolto la sua famiglia. In pratica, la serie riesce, rimanendo in equilibrio, a combinare la suspense de Il fuggitivo, con il complottismo di X Files e con il bricolage di McGiver.

Il terzo motivo degno di nota sta nell’idea che anima il telefilm. I suoi autori, Steven Long Mitchell e Craig W. Van Sickle, lo hanno creato puntando sul concetto di “intelligenza emotiva”. Per questo il protagonista, quando si mimetizza in un ambiente sociale, fa mostra di penetrarne gli umori (l’agonismo di una squadra di football come la formalità di un’ambasciata). Inoltre, all’insegna di una “giustizia emotiva”, Jarod, dopo aver empatizzato con il malcapitato da salvare, ha sempre la meglio sul cattivo facendogli sperimentare per qualche attimo le stesse emozioni che questi aveva riservato ai vessati (ad un primario colluso con un chirurgo alcolista, per esempio, Jarod farà credere di dover ricorrere con urgenza al bisturi del suo protetto).

In virtù di questi elementi positivi, si possono scusare alla serie alcuni circoscritti spunti di gnosticismo fumettistico (antichi manoscritti esoterici, pervertitori di monaci e papi, nella preistoria del Centro; la suggestione che Jarod possa essere l’“Eletto”). Perché? A me piaceva per questo.... (nota personale!)

http://www.familycinematv.it/page.php?a=jarod.php

Mi manca da matti!!!!

Commenti

Aegyptika ha detto…
Adoro Jarod, la sua bontà, la sua semplice schiettezza, quella dolcezza e quella ingenuità che lo spingono a darsi agli altri mi fanno fiorire il cuore. Ho visto tutte le serie trasmesse e i due film, un gran peccato che la casa di produzione non abbia mai voluto dargli una Fine.
Michael T. Weiss oltre ad essere un bravissimo attore è un uomo molto sexy, fascinoso quel che bastava per rendere credibile il personaggio. So che poi ha fatto anche teatro (Valmont in Les liasons dangereuse per esempio)e gli auguro tanto BENE^^